.Editoriali.3105.2019. Domande e riflessioni sparse al termine del primo ventennio del XXI secolo

…..     ECONOMIA  ……  POLITICA  ……..  ETICA  ………   DIRITTO ………

E’ possibile sostenere che l’economia debba avere una sorta di “primato concettuale” sull’etica e sul diritto ?

In presenza di un processo inevitabile ed inarrestabile di modernizzazione dei cicli produttivi e delle applicazioni tecnologiche per alleviare le fatiche degli individui, ha ancora senso intendere l’etica nella sua accezione storica e con le finalità poste nel secolo passato ?

Siamo sicuri che, in tale evoluzione, sia ancora chiara la differenza fra  “individuo singolo” ed “individuo quale elemento dell’insieme dei suoi simili” ?

Sono questi grandi temi trattati , anche recentemente, da molti studiosi di diverse discipline (antropologiche, filosofiche,  economiche, sociali e tecniche): credo tuttavia che ci sia ancora molto distacco fra quanto contenuto nelle teorie degli studiosi e quanto attuato dagli operatori.

Per limitare il più possibile la degenerazione dei rapporti fra individui che – come è storicamente provato –  può condurre sino alla loro estinzione, forse occorre sforzarsi di riflettere e condividere alcuni concetti.

Osservo che tale processo di condivisione viene, più o meno consciamente, “affidato” alla “cultura” e/o alla “religione”, probabilmente per una sorta di pigrizia mentale dei singoli individui abbinata ad una sensazione di impotenza: “tanto non capiterà mai niente di grave”; “comunque qualcuno ci penserà di sicuro”; e soprattutto “cosa posso fare da solo in un sistema controllato dall’alto ?”.

Nell’atrio del palazzo dell’ONU è riportata questa frase scritta da Saadi di Shiraz, poeta e mistico persiano musulmano:

Tutti i figli di Adamo formano un solo corpo, sono della stessa essenza.
Quando il tempo affligge con il dolore una parte del corpo (anche) le altre parti soffrono.
Se tu non senti la pena degli altri, non meriti di essere chiamato uomo.

Qualche Lettore penserà ….. “ahi ahi, Guido Aghem sta diventando filo-musulmano…..”.

Ma Signori !!!  Sto citando un Poeta “iraniano” vissuto nel XIII secolo (1200-1300), quindi in  pieno Medio Evo, nel secolo di Gengis Khan, di Marco Polo, delle Crociate, di Papa Innocenzo III e di Papa Bonifacio VIII, di Carlo d’Angiò, del sacco di Costantinopoli…. ci rendiamo conto ??

Tornando al tema dell’editoriale, pare logico porsi queste due domande che considero essenziali.

I) il fine principale dell’economia è incentrato sul miglioramento delle condizioni di vita materiale dell’individuo su questa terra ?

i. Se la risposta è “no”, il discorso finisce qui;
ii. Se la risposta è “sì”, proseguiamo.

II) l’individuo è un essere “sociale” ?
Cioè,  ha bisogno dei suoi simili per qualsiasi ragione – anche la più egoistica – oppure no ?

i. Se la risposta è “no”, il discorso finisce qui;
ii. Se la risposta è “sì”, allora occorre prendere atto anche dell’esistenza di un altro elemento presente su questa terra oltre all’individuo:  la cosiddetta “collettività” (cioè l’insieme dei suoi simili, gli “altri”).

Qualche lettore penserà….. “ahi, ahi, Guido Aghem sta diventando comunista….”

E certo…, proprio io, liberale, individualista, einaudiano, che aveva conosciuto il grande Prof. Sergio Ricossa, compagno di scuola di Mamma e Papà al Quintino Sella di Torino…. Magari leggere qualche libretto del Prof. Ricossa non farebbe così male ed eviterebbe di dare giudizi affrettati e superficiali, infarciti di luoghi comuni !

Andiamo avanti.

Nel momento in cui il processo di miglioramento delle condizioni di vita del  “singolo” individuo diventa la causa del peggioramento delle condizioni di vita di un altro individuo, le “culture” e/o le “religioni” propongono  “principi etici” (cioè principi di “comportamento non dannoso”) che conducono alla stesura di principi giuridici (e quindi all’adattamento del sistema normativo alle esigenze della collettività, mutevoli nel tempo e nello spazio).

L’eventuale “assenza” di principi etici – a seconda delle teorie – può condurre a conclusioni diametralmente opposte sulle sorti del genere umano:

(i) la catastrofe finale (teorie “religiose”)
(ii)
la sua totale liberazione (teoria “anarchica”).

Per contro, in presenza di principi etici (posti quindi da uno o più individui “illuminati” o comunque “riconosciuti” dalla collettività,) sarà il cosiddetto “sistema politico” a gestirne la loro applicazione pratica con effetti, a seconda dei casi,

(iii) di destabilizzazione del precedente sistema;
(iv) di conflittualità fra gruppi di individui;
(v) di solidarietà fra gli individui.

Ne discende che il potere “politico” (qualunque esso sia)  è responsabile eticamente del suo operato e deve quindi porre regole comportamentali condivise dalla collettività che l’ha delegato.

Intendo dire che il potere politico non  può “far finta di niente” e ribaltare le proprie responsabilità sugli individui che l’hanno scelto: credo che questa deduzione logica sia, purtroppo, attuale.

Posso comprendere che il sistema politico potrebbe giustificare la propria “assenza” facendo presente che le decisioni sostanziali di natura economica stanno “passando” irreversibilmente ad altri poteri, sovente sovranazionali, che sono riusciti a creare contatti diretti e privilegiati con i singoli individui.

Potrebbe anche sostenere che la scarsa propensione degli individui a partecipare attivamente alla vita politica (ad esempio tramite il voto) sia la conseguenza della “deresponsabilizzazione” in premessa evidenziata (sensazione di impotenza, pigrizia mentale, ecc. ecc.):  insomma, “ci meritiamo quello che siamo”.

Però questo tirare avanti con la tecnica dello “scarica-barile” potrebbe condurre ad un nuovo periodo “oscuro” (il medio-evo prossimo venturo di Roberto Vacca), magari difficile da immaginare e da descrivere, ma certamente “cupo” per la collettività cui ciascun individuo, inevitabilmente, appartiene.

Ed allora che si fa ?

Una celebre barzelletta si concludeva con una frase bellissima:  “non posso mica inventare tutto io !”

Proviamo almeno a pensare con la nostra piccola testa in merito alle “cose essenziali”,  per renderci conto delle nostre effettive capacità e potenzialità, e senza affanno:  la “velocità” che governa sempre più il mondo del XXI secolo è ancora retaggio, quello sì, di teorie medioevali: non ci siamo  ancora resi conto che il “tempo non esiste”, ma esistiamo noi, unici, seppur caduchi.

Qualche piccola intuizione l’avevano già avuta  Anassimandro, Sant’Agostino, Kant, Leibniz ed Einstein: saranno stati migliori di noi e di qualche politico… o no  ?

Torino, 31 maggio 2019

Guido Aghem